LUCIANO
Indossava un tutore, alla mano destra, quella che sarebbe servita di li a breve per firmare, firmare quei documenti che nessuno dovrebbe trovarsi a leggere e sottoscrivere nella vita; si perché di scelte di vita si trattava, vita di qualcun’altro.
Così all’improvviso Luciano (nome di fantasia) si era ritrovato a dover prendere decisioni cosi importanti, lui che al massimo aveva deciso che sugo mettere nei fusilli, oggi doveva chiedersi se tentare di salvare la vita del padre con un gesto estremo o se risparmiare al padre stesso a tutto il resto della famiglia uno proseguimento di stenti e di fatiche.
Luciano aveva le idee abbastanza chiare, sapeva già cosa avrebbe deciso, cosa avrebbe detto ai dottori non aveva mai avuto le idee cosi chiare in vita sua, fino a quando arrivò in reparto, si perché in quel reparto al 5° piano dell’ ospedale, la vita era assai diversa da come la immaginava lui o almeno era una vita “sconosciuta” ai più.
In quel lunghissimo corridoio del 5° piano, che appariva assai più lungo di quello che era in realtà, in alto sopra la porta campeggiava un enorme orologio digitale che alternava data e ora a cadenza quasi logorroica, quasi volesse porre l’accento su ogni singolo minuto passato in questo luogo, a Luciano pareva di sentirla, quella voce che continuava a ripetere “lo vedi quanto sei fortunato a non dover vivere qui dentro?”.
Nel frattempo la vita de decine di persone scorreva lenta e inesorabile in un’intreccio di dolore e speranze, un’anziana moglie spingeva una carrozzina con a “bordo” un vecchio marito,
personaggi che sembravano essere usciti dai cartoni animati dei Simpson dialogavano su quali medicinali ingerire mancava solo la classica frase “libera i cani..” il tutto nell’andirivieni di infermiere indaffarate in mille cose, quasi sembravano formiche operaie durante la stagione dell’approvvigionamento in vista dell’inverno; la più anziana di esse che curava con fare materno il padre di Luciano.
Bastarono qui pochi, ma lunghissimi minuti a Luciano per cambiare idea, perché in quei cinquanta minuti egli aveva apprezzato la vita come non mai prima, decise allora di tentare di “donare” al proprio padre un’ulteriore possibilità, consapevole che di li avanti la vita di entrambi e di molte altre persone sarebbe stata più dura , ma comunque degna di essere vissuta fino all’ultimo e in ogni modo.
Si tolse il tutore, firmò le carte e tornò ad osservare le vite e i momenti che scorrevano inesorabili in un continuo alternarsi di dolore, speranze attese e a volte disilluse.
Poi, trascorse una manciata di ore a Luciano venne posto un quesito assai più grave, assai più importante e “pesante” a Luciano venne chiesto di decidere tra una fievole speranza e un’ inesorabile quanto devastante certezza… ma questa è un’ altra storia, cosa abbia deciso e perché, resterà per sempre un segreto, nascosto nell’angolo più remoto del suo cuore sommerso da centinaia di ricordi così brutti che non è giusto raccontare.
Furono solo poche ore di quel giorno, poche se pensiamo al contesto di una vita, ma vi assicuro furono ore che la vita, la cambiano davvero.
A mio padre.
19/9/1937 – 16/3/2018